La guerra per la successione del ducato di Mantova, che aveva visto di
giorno in giorno l'Italia settentrionale coinvolta nella guerra europea
che prende il nome di guerra dei trent'anni, impegnava del tutto
l'attenzione del governatore don Gonzalo. Temeva questi che anche
Venezia volesse scendere in campo contro la Spagna: bisognava cercare di
distoglierla facendo la voce forte contro la Repubblica veneta. E
l'occasione fu fornita a don Gonzalo dalla notizia che Renzo si era
rifugiato nel territorio bergamasco. Di qui la finzione delle ricerche
condotte per accertare se Renzo era
veramente a Bergamo. Era una
formalità: Renzo diventò una pratica burocratica. Il potere, di lui non
s'accorse, perché era sola un pretesto. Ma Renzo, pur cambiando
residenza e nome, continuava a nascondersi: sapeva per esperienza che
del potere politico non ci si poteva fidare. Una sola cosa lo tormenta:
quella di mettersi in contatto con Agnese e Lucia. Riesce a trovare una
fidata trafila e un giorno riceve insieme con una lettera di Agnese
cinquanta scudi: Lucia, era detto nella lettera, non poteva sposarlo più
perché aveva fatto voto di castità. Si mettesse il cuore in pace e
attendesse agli affari suoi. Cosa che Renzo si dichiarò non disposto a
fare. Il suo unico proposito ora sarebbe stato di indurre Lucia al
matrimonio. Lucia, intanto, aveva trovato ospitalità in casa di donna
Prassede, una donna che poco poteva sul marito, don Ferrante, un
intellettuale che da lei si difendeva chiudendosi tra i suoi libri. Così
donna Prassede sfogava la sua volontà di strafare e la sua voglia di
fare del bene ad ogni costo (ma il bene coincideva stranamente col suo
concetto piuttosto storto di bene) alle persone come Lucia che si erano
lasciate traviare. Non altrimenti si poteva e doveva spiegare
l'innamoramento della giovane per uno come Renzo che per poco era
sfuggito alla forca e che sicuramente doveva essere un poco di buono, se
era ricercato dalla polizia. Pensiero dominante di donna Prassede era
di liberare la mente di Lucia dall'immagine di Renzo e perciò a lei
parlava spesso e in termini duri ed ingiusti: Lucia per forza di cose
doveva difenderlo da tanta aggressività e così il suo Renzo se lo
confermava sempre più dentro. E sempre più intensamente l'immagine di
lui l'assediava, sempre come risultato dei metodi educativi di donna
Prassede. Nulla c'era da temere dal marito di lei, don Ferrante, un
letterato di grande classe: aveva tanti libri e la sua attenzione si
fermava su scienze come l'astrologia e la duellistica, dove era
diventato un'autorità. Era il tipo di letterato astratto, inutile,
formalistica, che non sa legare scienza e realtà, cultura e società.
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